Ti cullo, talvolta,
nelle notti di Luna nuova
quando il tuo astro è giovane
quando il tuo respiro è più lieve.
Accarezzo con leggerezza
i fili argentei che proteggono il tuo udito,
sempre troppo delicato;
sempre eccessivamente sensibile
a ciò che ti fa sobbalzare
ai rumori
dei passi
agli stridii
del mondo di fuori
che temi
e aneli di esplorare.
Al chiaro di Luna
ti respiro,
mio astro,
lievemente traccio costellazioni sulla tua schiena soffice
scherzosamente ti stuzzico i baffi,
e nel buio, talvolta,
canto per te malinconiche ninne nanne,
così che tu possa trovare riposo
negli acuti della mia voce
senza urlare,
ché a te si deve sussurrare.
Al chiaro di te dormo più tranquilla,
quando schiena contro schiena
il calore delle tue zampe
e del tuo abbraccio
mi fanno da ostrica che protegge
come se fossi la tua perla
come fossimo un cuore diviso a metà in due corpi distinti
di specie diverse
come se sigillando il lucchetto di quella valigia
potessi, da illusa quale sono, separare queste due metà.
Con dolcezza, astro dei miei sette cieli,
con dolcezza,
sempre,
respiro accanto a te,
di notte,
lievemente ti adagio e ti stringo
tra coperte trapuntate
fra le lacrime
ti sussurro un addio
e tu, come Giulietta, dal balcone
immobile, attenta,
le tue nere mandorle fisse sulla strada
ad attendere un ritorno
senza smettere mai
dovessero passare dieci anni
o perfino una vita intera
come Giulietta mi hai atteso
attendi
e attenderai
e io come la marea
sono tornata
ritorno
e tornerò.